I film di spionaggio (Spy Movie)

La visione della società attraverso il genere cinematografico
Il cinema come strumento della comunicazione di massa, tra dinamiche politiche, propaganda e immaginario collettivo
di Enzo Kermol

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Premessa

La categoria dei generi cinematografici ha riscontrato notevoli difficoltà a imporsi nel panorama storico critico del cinema a causa della contrapposizione autore – genere. L’attuale analisi punta invece a un approfondimento non solo di origine “letteraria”, come sottolinea Costa, ma attento al processo di produzione e all’organizzazione del lavoro dapprima nello studio system, ora nell’industria dello spettacolo. Per produrre un film, e attualmente un serial, occorre una ferrea organizzazione che parte dall’analisi delle richieste di mercato fino alla confezione del prodotto ultimo (dal film in pellicola al DVD, dalla programmazione televisiva al merchandising). Parallelamente ogni genere può divenire “termometro” di variazioni sociali determinate dal numero e dalla tipologia di genere prodotto. Lo spy movie ben si presta a questa funzione. Vediamone le caratteristiche e le funzioni ricoperte dall’origine del cinema ad oggi.

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Gli attori che hanno interpretato James Bond

Il cinema fin dalla sua nascita è stato intimamente legato alla politica, alla società e alle manifestazioni del potere di governo del sistema dominante. Non è certo un caso che nel secolo scorso in tutti i regimi sia stato percepito come lo strumento principe della comunicazione di massa delle idee, dei principi e del modello sociale proposto. Per il fascismo Mussolini dichiarò “La cinematografia è l’arma più forte”, Goebbels ne fece il cuore della propaganda con autori sia documentaristici, come Leni (Helene Bertha Amalia) Riefenstahl, con cui ebbe un rapporto alterno, sia con la creazione di un sistema cinematografico divistico pari a quello hollywoodiano (pensiamo ad attrici come Zarah Leander, Ilse Werner) composto dal monopolistico blocco delle tre case di produzione (UFA, Tobis e Terra) della “fabbrica dei sogni” tedesca. Non da meno l’URSS in cui venne creata una sola grande industria di cinema di stato, o gli Stati Uniti in cui la produzione era fondata sullo “Star System” basato nella californiana Hollywood.

L’indagine

L’analisi dei vari componenti di questa parte dell’industria dello spettacolo permette, a distanza di tempo, di fornire un quadro dettagliato dell’intero schema sociale presente nel periodo storico prescelto. Una possibile metodologia consiste nell’analizzare una figura ricorrete, un personaggio, una “maschera” tipica dei ruoli cinematografici per dedurne, dai mutamenti occorsi negli anni, quali siano le categorie proposte o negate dal sistema politico vigente, quali siano i mutamenti di percezione sociale, e quali categorie risultano gradite in un determinato periodo storico e in una data connotazione geografica. L’altra possibilità è quella di analizzare i “generi” cinematografici, la loro prevalenza, distribuzione nel panorama generale di produzione, la presenza di “personaggi” particolari, la collocazione temporale del film (coeva al girato o anteriore se non addirittura successiva o fantastica).

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Best Bond Girls

Innumerevoli sono i “generi” cinematografici, anche se il termine stesso non è ben definito, ed anche quando lo è, si associa al termine “contaminazione” di altri generi che permette ogni variabile possibile. Pensiamo a quelli determinati geograficamente, come i film di samurai in Giappone, il “Peplum” nell’antica Roma mitologica, il western negli Stati Uniti, il cinema d’arti marziali cinese, o addirittura con doppia identità come il noir diviso fra il filone francese con il polar e quello statunitense con l’hard boiled. Rimanendo nei generi universali troviamo alcune linee guida come il thriller, il giallo, il poliziesco, lo spionaggio, il noir già citato. Ovviamente le linee guida sono sottili. Facciamo un esempio semplice: il western.

I puristi della critica indicavano una collocazione geografica limitata, dal fiume Mississippi all’oceano Pacifico, un periodo storico preciso, gli ultimi decenni del XIX secolo, un legame stretto con la descrizione di fatti ispirati dalla storia. In realtà il genere comprende tutto ciò che è avvenuto dallo sbarco di Colombo ai giorni nostri, dall’Alaska all’America latina, dalla storia alla fantascienza. Pensiamo a Vera Cruz (1954) o a Major Dundee (Sierra Charriba, 1964) ambientati in Messico, dove un gruppo di reduci della guerra civile combatte per i francesi. Oppure a Hud il selvaggio (1963), western contemporaneo, o al fantascientifico come gli zombie – western The killing box (1993) collocato durante la guerra civile statunitense o Undead or alive (2007), se non l’intera serie di Star Wars (primo episodio 1977) definita da alcuni come un western del futuro.
Da ciò deriva una serie di dubbi, un film ambientato durante la guerra di Secessione, come The Birth of a Nation (1915) o Glory (1989), si colloca nei western o nei film di guerra, mentre un film cantato, come Seven Brides for Seven Brothers (1954) diventa un musical o mantiene il genere d’origine. Inoltre Apocalypto (2006), temporalmente precedente all’arrivo degli europei nel continente americano, diviene un film d’avventura o rimane un western. Infine gli “spaghetti western” italo-spagnoli, come Per un pugno di dollari (1964), con Clint Eastwood, sono definibili come western veri e propri oppure divengono qualcosa d’indefinibile dato il remake da un film giapponese di Kurosawa. La considerazione che ne deriva è che se un genere in apparenza così “ristretto” come il western permette tali e tante divagazioni, oltre che relazioni, con altri generi, immaginiamo quali possono essere le variazioni in un genere invece “aperto” come il cinema di spionaggio.

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La definizione

Il periodo temporale può essere qualsiasi, senza alcun limite. L’azione può svolgersi in un lontano passato (cosa sono altrimenti le decine di rifacimenti di I tre moschettieri, l’ultimo The Three Musketeers (2011) di Paul W.S. Anderson, se non un film di genere sulla caccia alla spia Milady de Winter ) o in un lontano futuro, come I, Robot (2004) di Alex Proyas, (ricerca spasmodica di sofisticati programmi computerizzati apparentemente sottratti in una società profondamente degradata e ostile). Il tempo può addirittura non esistere, nel serial Da Vinci’s Demons (2013) l’agente segreto Leonardo Da Vinci (versione fantascientifica del genio multiforme) si sposta fra universi paralleli e continuum spaziotemporali in un gioco di contrasto di spie papali, medicee, massoniche e quant’altro si ritrova nella letteratura fantastico-fantascientifica. Restringendo il campo, per quegli storici del cinema più rigidi, si va dalla prima guerra mondiale all’attualità, con particolare attenzione al periodo bellico della seconda e della guerra fredda con l’URSS.

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“Nikita” di Luc Besson

Relativamente alla collocazione geografica nella prima ipotesi non vi sono limiti, dallo spazio di Moonraker (1979), la quarta pellicola di James Bond con Roger Moore, diretta da Lewis Gilbert, al profondo degli oceani di Thunderball (Operazione tuono, 1965), sempre con James Bond, ma interpretato da Sean Connery e diretto da Terence Young. Nella versione ristretta la collocazione è prevalentemente europea, con qualche rara punta di esotismo fra Nordafrica, America latina ed estremo oriente. La contaminazione. A essere estremisti diremmo che non può esistere un film di spionaggio non contaminato. Sia in versione calda o fredda spesso vi è una guerra sullo sfondo, come nel serial Strike Back (2010). Ed è impossibile immaginare il genere senza azione e avventura, vedi serial recenti come Alias (2001-2006) o Nikita (2010-2013). Non ultima la componente erotico sentimentale. Pensiamo a Casablanca (1942) di Michael Curtiz con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Difficile etichettare questo film. Pure la prevalenza dei temi conduttori lo porterebbe nell’alveo dell’opera di spionaggio.

I contenuti

Ogni genere ha i suoi. Da cui derivano ulteriori classificazioni. Il cinema di guerra rappresenta un conflitto. Può essere macroscopico, come l’intera descrizione dell’evento bellico attraverso il pretesto della vita di un protagonista come in MacArthur (MacArthur, il generale ribelle, 1977) di Joseph Sargent con Gregory Peck, storia della vita del generale statunitense e della campagna del Pacifico nella seconda guerra mondiale. O di un eroe come Sergeant York (1941) di Howard Hawks con Gary Cooper, qui la vita di un uomo comune che attraversa la prima guerra mondiale divenendone il maggiore eroe americano. Oppure con taglio quasi documentaristico presentare un grande avvenimento, come in The Longest Day (1962) che narra i preparativi e l’attuazione dello sbarco degli Alleati in Normandia il 6 giugno 1944.

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The Wild Geese

Se invece l’opera predilige il tema di un “microcosmo”, abbiamo la storia di un piccolo gruppo inserito nello scenario di una guerra, che rimane sullo sfondo, dedito a compiere un’azione generalmente eroica come in Rambo (John Rambo, 2008), quarto capitolo della saga iniziata nel 1982, diretto e interpretato da Sylvester Stallone, dove un riluttante “guerriero” decide di passare all’azione per salvare alcuni ostaggi. Uncommon Valor (Fratelli nella notte, 1983) diretto da Ted Kotcheff e ambientato in Vietnam dopo il termine della guerra; anche qui un salvataggio di prigionieri dimenticati. The Wild Geese (I quattro dell’Oca selvaggia, 1978), un’operazione di recupero di un leader detenuto in Africa, diretto da Andrew V. McLaglen. Dogs of War (I mastini della guerra, 1980), un colpo di stato in Uganda, per abbattere un tiranno, diretto da John Irvin. Ma questi ultimi non sono solo film di guerra poiché nella prima parte di ognuno assistiamo a un’opera d’intelligence che permetterà lo svolgimento dell’azione bellica successiva.

Analogamente al cinema di guerra quello di spionaggio, vuoi per la stretta parentela, vuoi per alcuni “topoi” comuni si colloca sulla stessa linea. L’oggetto è lo spionaggio. Descritto in maniera realistica, come ad esempio Tinker Tailor Soldier Spy (La talpa, 2011) diretto da Tomas Alfredson, ispirato alla vicenda di Kim Philby, un agente doppiogiochista al servizio del KGB fino ai primi anni ‘60, durante la guerra fredda, tratto da un romanzo di John le Carré. Lo scopo è quello di verificare il periodo storico – sociale. O in The Third Man (Il terzo uomo, 1949) diretto da Carol Reed, scritto da Graham Greene, ambientato in una Vienna occupata dalle forze Alleate nell’immediato dopoguerra. Dall’altro lato film in cui predominano gli aspetti maggiormente legati al personaggio, alla sua missione, ad elementi avventurosi e sentimentali. Il prototipo ne è North by Northwest (Intrigo internazionale, 1959) diretto da Alfred Hitchcock con Cary Grant ed Eva Marie Saint, o l’intera serie dedicata all’agente segreto più noto in assoluto, James Bond, tratto dai romanzi di Ian Fleming.

VAN HELSING, Hugh Jackman, Kate Beckinsale, 2004, (c) Universal

Hugh Jackman e Kate Beckinsale in “Van Helsing”

La storia

La nascita di un genere è spesso avvolta in una spessa coltre di nebbia. Vuoi per la perdita delle pellicole infiammabili, e deteriorabili, delle origini, vuoi per il sostanziale oblio in cui cade un’opera cinematografica nel breve lasso di tempo successivo alla sua uscita e all’applicazione di una nuova tecnologia al successivo film (il montaggio, il sonoro, il colore, il miglioramento acustico, il 3D, la velocità di montaggio, gli effetti speciali, ecc.).
Ad ogni modo, il genere risale all’epoca del muto, dove si rappresenta soprattutto nell’ambito della Prima guerra mondiale. Un esempio è dato dal film inglese del 1914 The German spy peril di Bert Haldane, che narra di un attentato compiuto da spie nemiche per distruggere il parlamento, e nel 1928 da Spione (L’inafferrabile) di Fritz Lang tratto dal romanzo di Thea von Harbou, che introdusse alcuni elementi tipici del genere di spionaggio.

Tuttavia la derivazione complessiva del genere è letteraria, ed è relativamente semplice: si tratta di una specializzazione del giallo, della detective story che ha il suo capostipite convenzionale in Sherlock Holmes (1887) di Arthur Conan Doyle. Non a caso in alcuni racconti, L’interprete greco, La casa vuota e soprattutto ne L’avventura dei progetti Bruce-Partington, il detective deve “recuperare” situazioni che vedono coinvolti diplomatici o documenti per il fratello Mycroft, misteriosa eminenza grigia del governo britannico. Con L’avventura dei progetti Bruce- Partington, Conan Doyle crea sostanzialmente il punto di partenza del genere elencando gran parte degli elementi fondamentali del genere, come il segreto delle scoperte scientifiche e militari, la guerra imminente, la destabilizzazione del sistema sociale, l’avversario politico come simbolo del male.

Photo ID - 30529, Year - 1970, Film Title - PRIVATE LIFE OF SHERLOCK HOLMES, Director - BILLY WILDER, Studio - UA, Keywords - 1970, BILLY WILDER

Al cinema Sherlock Holmes si trasforma in “agente segreto” in The Private Life of Sherlock Holmes (La vita privata di Sherlock Holmes, 1980) diretto da Billy Wilder (deve salvare la Gran Bretagna dal furto di armi segrete durante la Prima guerra mondiale) e in The Seven-Per-Cent Solution (Sherlock Holmes: soluzione sette per cento, 1976) di Herbert Ross tratto dal romanzo di Nicholas Meyer. Anche in Sherlock Holmes: A Game of Shadows (Sherlock Holmes – Gioco di ombre, 2011) diretto da Guy Ritchie, ambientato nel 1891, Holmes agisce come agente segreto in un’Europa scossa da attentati che rischiano di alterare i delicati equilibri tra le potenze militari europee. Infine nel fumetto, e nel film, La Lega degli Straordinari Gentlemen di Alan Moore, Mycroft Holmes compare come leader dell’intelligence britannica sotto il nome in codice di “M”, una citazione-omaggio ai romanzi di James Bond di Ian Fleming.

Nel film tratto, The League of Extraordinary Gentlemen (La leggenda degli uomini straordinari, 2003) diretto da Stephen Norrington, invece “M” risulta essere il nemico mortale di Holmes, Moriarty, che sta architettando di impadronirsi del mondo, nel più puro stile bondiano. Non da meno in Elementary, l’adattamento in serial di Holmes trasposto nella New York dei giorni nostri, “M”, diviene una donna, innamorata del detective, posta a capo di un’organizzazione di spionaggio internazionale. Dopo Conan Doyle e Sherlock Holmes la critica ritiene sorgano due filoni. Quello avventuroso con autori come Edward Phillips Oppenheim, John Buchan che crea l’agente segreto Richard Hannay, protagonista di cinque romanzi, tra cui The Thirty-Nine Steps (I trentanove scalini) da cui è stato tratto il film The 39 Steps (Il club dei trentanove, 1935), diretto da Alfred Hitchcock e, ultimo, Peter Cheyney con il personaggio di Lemmy Caution, da cui il film Alphaville, une étrange aventure de Lemmy Caution di Jean-Luc Godard. Questo filone arriverà al massimo risultato con i romanzi di Ian Fleming e le trasposizioni cinematografiche di James Bond.

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XIII

L’altra linea narrativa nasce alla fine degli anni ’30 con il romanzo The mask of Dimitrios (La maschera di Dimitrios) di Eric Ambler, in cui l’agente segreto è solo una pedina sacrificale in un gioco di cui non conosce i contorni. La trasposizione cinematografica con lo stesso titolo del romanzo è del 1944, diretta da Jean Negulesco. Il punto d’arrivo di questo filone sarà rappresentato da John Le Carré, dai suoi romanzi e dai film tratti. Forse potremmo individuare in un prodotto tardivo, il film Black book (2006) di Paul Verhoeven, ambientato durante la Seconda guerra mondiale, la sua massima espressione, in un gioco mortale di spie e agenti doppiogiochisti in cui si stempera la motivazione, i ruoli e ogni azione diviene un automatismo ripetitivo privo di significato.

Negli anni ’30 questo genere cinematografico ottenne notorietà, grazie anche al successo del regista Alfred Hitchcock, che girò alcune opere particolarmente popolari come, oltre alle già citate, The Man Who Knew Too Much (L’uomo che sapeva troppo, 1934), considerata la sua prima spy-story e uno dei primi capolavori, di cui fece un remake nel 1956. Secret Agent (L’agente segreto, 1936), è basato su due racconti The Traitor e The Hairless Mexican della serie “Ashenden o l’agente inglese” di William Somerset Maugham, ispirata all’esperienza dello scrittore nei servizi segreti durante la Prima guerra mondiale. Sabotage (Sabotaggio, 1936), dal romanzo di Joseph Conrad L’agente segreto. The Lady Vanishes (La signora scompare, 1938), anche in questo caso il soggetto è tratto da un romanzo, Il mistero della signora scomparsa (The Wheel Spins) di Ethel Lina White.

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“You Only Live Twice” – Little Nellie – James Bond

Dopo gli anni ’30 Hitchcock proseguì con Notorious (Notorious, l’amante perduta, 1948) ispirato ad un racconto di John Taintor Foote intitolato The song of the Dragon, pubblicato nel 1921. Abbiamo quindi Torn Curtain (Il sipario strappato, 1966), la cui sceneggiatura venne affidata al romanziere Brian Moore e Topaz (id. 1969) tratto dal libro di spionaggio di Leon Uris.
Da questi film appare ancor più evidente un dato che accompagna il genere in maniera più forte rispetto agli altri. Lo stretto legame con la letteratura, da cui attinge ispirazione, trasposizioni, sceneggiatori e consenso di pubblico. Negli Anni ’40 si sviluppano film incentrati sulle spie alleate in azioni di sabotaggio nell’Europa occupata dai nazisti o nell’oriente controllato dai giapponesi, come Man Hunt del 1941 di Fritz Lang, Across the Pacific del 1942 di John Huston con Humphrey Bogart, Blood on the Sun del 1945, di Frank Lloyd, O.S.S. (Eroi nell’ombra, 1946) di Irving Pichel.

Oppure su infiltrati negli Stati Uniti come Confessions of a Nazi Spy del 1939 di Anatole Litvak, Nazi Agent del 1942 di Jules Dasin, 13 Rue Madeleine (Il 13 non risponde, 1947) di Henry Hathaway, quest’ultimo su spie naziste doppiogiochiste.
Ma sarà la Guerra fredda, negli anni ’60, a far giungere al suo apice il numero, la notorietà e gli autori letterari da cui saranno attinte le storie per i film di spionaggio. Il genere si espande, fagocita tutto ciò che può fungere da ispirazione. Le storie divengono sempre più esotiche, ricche di suspense, il cui inossidabile capostipite è l’agente che diverrà il più famoso del mondo, 007, James Bond ideato da Ian Fleming in una lunga serie di romanzi che riportavano citazioni e aneddoti della sua vita trascorsa come agente segreto inglese.

Irish actor Pierce Brosnan as James Bond, with his 'GoldenEye' co-star Izabella Scorupco, circa 1995. (Photo by Terry O'Neill/Getty Images)

Pierce Brosnan è James Bond in “GoldenEye” con Izabella Scorupco

La saga, iniziata nel 1962 con Dr. No (Agente 007 – Licenza di uccidere), diretto da Terence Young, portò sullo schermo Sean Connery nella migliore interpretazione del agente Bond, e produsse 23 film accreditati oltre a tre “apocrifi”. L’antitesi bondiana è rappresentata da The Spy Who Came in from the Cold (La spia che venne dal freddo, 1965) di Martin Ritt e The Deadly Affair (Chiamata per il morto, 1966) diretto da Sidney Lumet, tratti dai romanzi di John Le Carré. L’atmosfera cupa dei libri è trasmessa con una fotografia in b/n, che si oppone al technicolor dei coevi film di James Bond. Lo stesso dicasi della tetra colonna sonora che dà il ritmo a tutta la pellicola. Altro autore da cui sono stati ricavati sei film è Len Deighton, il cui agente Palmer, interpretato da Michael Caine, oscilla fra la depressione di Le Carré e rari guizzi bondiani. Ricordiamo i film più noti The Ipcress File (Ipcress, 1965), regia di Sidney J. Furie e Funerale a Berlino (Funeral in Berlin, 1966), diretto da Guy Hamilton.

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Nikita, serial televisivo

Una citazione a parte meritano i film derivati dalle opere principali, spesso in chiave comica o ironica. Pensiamo a Le magnifique (Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo, 1973) di Philippe de Broca con uno scatenato Jean-Paul Belmondo. Oppure a Our Man Flint (Il nostro agente Flint, 1966), interpretato da James Coburn e diretto da Daniel Mann, la serie televisiva statunitense Matt Helm trasmessa dal 1975 al 1976 con Anthony Franciosa nel ruolo di Matt Helm o i film omonimi con Dean Martin tra il 1966 e 1969. Il serial britannico The avengers (Agente speciale 1961–1969) con Patrick Macnee, che poi recitò in A View to a Kill (007: Bersaglio mobile, 1985) di John Glen e Diana Rigg, che poi apparve nel ruolo di Tracy Di Vicenzo, la moglie di Bond, in On Her Majesty’s Secret Service (Agente 007, al servizio segreto di Sua Maestà, 1969) diretto da Peter R. Hunt.

Gli anni 2000 segnalano una ripresa dell’instabilità politica mondiale accompagnata, come in passato negli anni ’50 – ’60 della Guerra fredda, da un proliferare di film di spionaggio. Particolarmente ricca la produzione di serial televisivi che, per qualità e recitazione superano gli analoghi film. Ne citiamo alcuni come Alias (2001-2006) la super agente Sydney Bristow, interpretata da Jennifer Garner, fra agenzie segrete, CIA, NSA, e complotti che derivano dal medioevo. Nikita (2010-2013), continuazione dell’omonima serie La Femme Nikita (1997-2001), e dell’omonimo film diretto da Luc Besson nel 1990. N.C.I.S. (2003-2013), la serie televisiva più seguita negli Stati Uniti, che vede una squadra di agenti speciali in funzione di controspionaggio. XIII – The series (2011-2013), basata sull’omonimo fumetto di Jean Van Hamme e William Vance, a sua volta ispirato dal romanzo dello scrittore statunitense Robert Ludlum Un nome senza volto (The Bourne Identity, 1980), da cui è tratta anche la serie di film di Jason Bourne interpretata da Matt Damon. Strike Back (2010-2014), serie britannica, tratta dall’omonimo libro di Chris Ryan, ex agente del SAS inglese. E-Ring (2005) sulle missioni dei servizi segreti del Pentagono. Chaos (2011) commedia umoristica con agenti della CIA della divisione “Clandestine Homeland Administration and Oversight Services” (CHAOS). Chuck (2007-2012), un nerd con un supercomputer neurale al servizio della CIA e NSA. Alphas (2011-2013), un’unità investigativa del Dipartimento della Difesa dotata di poteri paranormali. Braquo (2009-2013), una serie televisiva francese nata come genere poliziesco, creata da Olivier Marchal (ex poliziotto), che si trasforma in spionistica nel secondo anno fra parà della Legione straniera e armi futuribili rubate in complotti internazionali. Covert Affairs (2010-2013), una giovane recluta della CIA che si ritrova catapultata in difficili missioni. “24” (2001-2010), con protagonista l’agente Jack Bauer (interpretato da Kiefer Sutherland) del CTU (Counter Terrorist Unit – Unità anti-terrorismo) di Los Angeles, alle prese con minacce terroristiche d’ogni tipologia.

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ALIAS, serial televisivo

Gli archetipi

Ogni genere ha i suoi modelli stereotipi di riferimento, anche se spesso alcuni di questi sono comuni con altre tipologie narrative, come il western, il film di guerra, il film d’avventure, il poliziesco. La loro ripetizione crea le strutture narrative ricorrenti nel film che, una volta individuate, permettono il riconoscimento e la raccolta per tipologia.
Nella spy story il protagonista principale è l’agente segreto (così come in altre è lo sceriffo, il soldato, lo spadaccino, il detective). Risulta fondamentale il tema della fuga con il relativo inseguimento (comune con il poliziesco, ma soprattutto con il road movie). Un altro topòi è determinato dalla “verità che deve essere svelata” (forse la caratteristica più forte del genere). Accanto vi è il segreto delle scoperte scientifiche o militari.
Mentre il crimine più grave è il tradimento personale, o eventualmente quello che minaccia alla sicurezza nazionale (il tradimento verso il protagonista spesso si sovrappone a quello verso la nazione). A questo si aggiunge l’ambiguità delle persone comuni e della coppia, la cui reale posizione “sociale” si rivela solo nei momenti di massima suspense, come in True Lies (1994) diretto da James Cameron, e interpretato da Arnold Schwarzenegger e Jamie Lee Curtis che a sua volta s’ispira a La Totale! (1991) film di spionaggio francese diretto da Claude Zidi. Una “normale” famiglia in realtà cela super agenti segreti.

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Arnold Schwarzenegger in “True Lies”

Il quartier generale segreto. Lo ritroviamo sia per gli agenti segreti che per i loro nemici. Basta pensare alle serie Alias, Nikita, XIII, agli avversari di James Bond, alla curiosa citazione in Van Helsing (2004) di Stephen Sommers. Ambientato nel 1887 vede Gabriel Van Helsing della setta segreta dei Cavalieri del Sacro Ordine della Città del Vaticano, transitare fra una missione e l’altra nei sotterranei del Vaticano, in una serie di laboratori che ricordano le officine di “Q”, il fornitore di “accessori speciali” all’agente 007. In Bond il quartier generale segreto serve per giustificare la spettacolarità della battaglia finale. Lo troviamo in comune con i film di supereroi.
L’agente segreto identificato con un numero. Da lo Spione di Friz Lang a James Bond l’assegnazione di numeri o pseudonimi è la regola. Molto forte nel genere. Ritroviamo qualche elemento nel cinema di guerra.
La bella agente straniera che aiuta l’eroe e s’innamora di lui. Sempre 007 per tutti. In particolare From Russia with Love (Dalla Russia con amore, 1963) per la regia Terence Young. Daniela Bianchi alias Tatiana Romanova. Accade anche in altri generi, ma qui l’agente non fallisce mai.
Vi è anche l’opposto. La femme fatale e la dark lady del noir si ritrovano anche negli spy movie. Mata Hari (1931), diretto da George Fitzmaurice e interpretato da Greta Garbo è forse la versione più nota della decina di film a lei dedicati. Mata Hari, divenuta agente H21, ottenne un nuovo codice, AF44 (a sostegno dell’assegnazione di numeri e sigle). Fu istruita in Germania dalla famosa spia Elsbeth Schragmüller (Agente 1 – 4 GW), soprannominata “Fräulein Doktor”, come l’omonimo (1969) film dedicatole da Alberto Lattuada, seppur con notevoli libertà storiche.

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Lo scambio di persona. Frequente. Piace molto ad Alfred Hitchcock. Meglio di tutti in North by Northwest (Intrigo internazionale, 1959). Lo ritroviamo in un po’ dappertutto nei generi cinematografici, ma trattato superficialmente. Come le due gemelle in Les Rivières pourpres (I fiumi di porpora, 2000), di Mathieu Kassovitzma ma anche nella misteriosa fuggitiva e nel vendicatore Jean Renò in L’empire des loups (L’impero dei lupi, 2005) di Chris Nahon o nei due agenti segreti doppiogiochisti Robert De Niro e Jean Reno in Ronin (id. 1968) di John Frankenheimer. L’impossibilità per l’innocente di discolparsi. Di totalmente innocenti nei film di spionaggio c’è ne sono pochi. Tuttavia pensiamo ai “fidanzati” delle protagoniste in Alias o Nikita, o vengono eliminati perché potevano aver ascoltato qualcosa o diventano agenti più duri e combattivi delle loro compagne. La rivalità fra il personaggio positivo (l’agente segreto) e il “cattivo”, che desiderano la stessa donna. Comune in tutti i generi. Un buon modo per acuire il conflitto, portarlo alle estreme conseguenze. Tipico anche nel western e nei film medievali (come in Robin Hood in almeno una trentina di remake, famoso quello The Adventures of Robin Hood (La leggenda di Robin Hood, 1938) con Errol Flynn e la regia di Michael Curtiz. Infine l’avversario come simbolo del Male, spesso una mente criminale interessata allo spionaggio, a scopo di lucro, guerra o destabilizzazione. Se non fosse così non sarebbe il “cattivo”. Comune a vari generi, quello dei supereroi in particolare.

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“Ronin”

Conclusioni

Da questa breve disamina si può comprendere che il “genere” è un dispositivo indispensabile per analizzare il cinema come industria, arte, bene di consumo, elemento di comunicazione. E’ la maniera più semplice per comprendere il nuovo prodotto (il film) grazie a un linguaggio simbolico condiviso fra chi lo produce (il regista) e chi lo utilizza (lo spettatore).
Secondo Kaminsky i generi sarebbero gli elementi moderni del concetto di “mito”. I generi cinematografici sarebbero un modo di incarnare gli archetipi. Per Schatz, il genere può essere interpretato sia come “leggi linguistiche che funzionano come canone sia come funzione d’economia narrativa”. Quando si classifica un film all’interno di un genere, ad esempio western, di guerra, musical, poliziesco, ci si riferisce a una serie di elementi (lo sceriffo, la donna, l’indiano, la cavalleria, il bisonte, oppure il soldato, la mitragliatrice, il fronte, o il corpo di ballo, la musica, le canzoni, infine il detective, la pistola, il delitto, ecc.) che non sono necessari esplicitare nelle loro caratteristiche in quanto già appresi e condivisi.
Per Bellour è il gioco che, anche quando viene negato rimanda a un’emozione. Il genere stimola automaticamente una reazione. Infine per Sobchack T. e Sobchack V. possiamo considerare due elementi fondamentali per definire un genere cinematografico, “la formula”, cioè l’insieme delle azioni che formano un film (la storia e le caratteristiche dei personaggi), e la “convenzione” che riguarda “l’unità d’azione” che si ripete in ogni film (ad esempio nei film di spionaggio la presentazione dell’agente segreto).
Il genere secondo Gola è sostanzialmente una standardizzazione industriale che crea film linguisticamente omogenei, con elementi comuni come i temi, le narrazioni, i fattori tecnici. Questo ne facilita la comprensione secondo determinate partizioni. Se comprendiamo il genere, e il suo continuo mutare ed evolversi, comprendiamo anche la società che lo ha prodotto, ne diviene un elemento significativo dei rapporti interni e dei messaggi trasmessi. Il genere, in sintesi, come indicatore delle variazioni che avvengono nel corpo sociale.

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Robert De Niro e Jean Reno in “Ronin”

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