Intervista a Fanny Ardant regista di “Cenere e sangue”

L’intervista venne rilasciata nel 2010 a Trieste

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Fanny Ardant

Come mai al Trieste film Festival?

I festival sono un piacere. Il film è come una bottiglia gettata nel mare. Una porta aperta sul mondo. Ecco la bottiglia è arrivata a Trieste.

Sono arrivata ieri sera. Mi piace Svevo, in particolare “La coscienza di Zeno”, perché è capace di evitare il melodramma.

E’ la prima volta che passa dietro la macchina da presa. Come mai?

Voglia di regia. Penso che i profondi desideri hanno spesso motivi oscuri. Non ero frustrata dal ruolo di attrice. L’occasione è arrivata con la scrittura. Poi l’ho trasformata in immagini. Sono stata felice, ho vissuto intensamente questa esperienza e quindi la considero positivamente.

Il tempo della scrittura era al Théatre de la Madeleine di Parigi, durante le prove di “La bestia nella giungla”, di Henry James, nell’adattamento di Marguerite Duras, con Depardieu. Ci sono lunghe pause e vi era il tempo per scrivere.

Subito dopo avere girato il film sono tornata sul palcoscenico a Parigi, poi alle riprese, come attrice, nel film “Visages” di Tsai Ming-liang.

Come ha pensato il soggetto del film?

L’idea è partita dal libro “Eschilo il gran perdente”, un saggio di Ismail Kadarè.

Nel nord dell’Albania non è cambiato nulla dal tempo di Eschilo. Sono arrivati i turchi, i fascisti, i comunisti, ma nulla è cambiato nello stile di vita.

Ho voluto utilizzare la tragedia per descrivere la situazione, non ambientandola in città per i troppi segni della modernità. Volevo anche evitare il mare, non indicare l’epoca e un luogo preciso. Ho stilizzato, potrebbe essere in qualsiasi luogo del Mediterraneo. L’amore per la terra è molto importante. La natura continua a essere bella anche quando si è tristi o abbattuti.

Non credo che uno possa delimitare le proprie influenze. Sono molto impressionata dal cinema italiano, russo e dall’opera teatrale lirica. Vedo il dramma di sangue come operistico.

Ho detto molto di me con questo film. La mia autobiografia è poco importante. Il cinema e il teatro sono un modo di esprimersi e porre in luce ciò che si prova.

Ma non vi dirò cosa volevo raccontare di me.

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Difficoltà durante la lavorazione del film?

Con la coreografa si coloravano le case con la carta sottile per farle sembrare diverse. Il cinema e l’arte del trucco.

Gli dei del cinema mi hanno aiutato, non ha piovuto durate le riprese, mentre volevo

avere la nebbia. Ed è arrivata come un regalo del tempo.

Mi sono piaciuti gli animali nel film, i cavalli e i lupi. L’addestratore ungherese guidava i lupi con pezzi di carne tenuti in mano. Lo seguivano e poi se li mangiavano.

Nell’ultima scena ero sdraiata con la carne in mano a fianco dell’attrice per far venire i lupi. Dovevo rassicurarla e stare attenta agli animali.

Come valuta un film?

L’emozione mi colpisce nei film. Deve esserci una buona storia, dove posso identificarmi. Il cinema ha permesso ai popoli di unirsi più dei beni materiali, entrare nell’animo delle cose, delle persone.

Non guardo la TV. Mi piace il film in DVD, è il bello della tecnologia. Apprezzo il serial statunitense, in cui l’autore è molto più libero che al cinema e può dire più cose.

Inoltre a Parigi vivo in un quartiere in cui il film circolano molto in pellicola.

Come regista cosa pensa degli attori?

Come diceva l’attore, regista e direttore di teatro Jean Villar: un palco, tende nere, bravi attori e la forza creativa.

Si impara di più dai registi passionali. Le qualità sono l’entusiasmo, l’energia, la passione di fare le cose, l’energia fisica positiva. Il non rimandare a domani.

È importante entrare in sintonia con gli attori che devono essere malleabili.

Ammiro molto gli attori inglesi perché sanno controllare tutto.

Mi fanno paura gli attori che non sanno fare. Bravissima Olga Tudorache, un monumento a Bucarest, una grande attrice. Non occorreva dirle nulla. Non occorre spiegare per ore a un buon attore.

Enzo Kermol

 

 

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